Facciamo il punto sulla SIRIA con Daniele Biella
L’Associazione per i Diritti umani ringrazia sempre molto il giornalista e attivista Daniele Biella per la disponibilità.
La situazione in Siria si fa ogni giorno più drammatica. Ci aiuti a capire cosa sta succedendo e quali sono state le basi della tragedia in corso?
Da una parte abbiamo la Russia che ha legami storici con la famiglia Assad – e, quindi, nessun interesse a far capitolare il regime – oltre che economici; dall’altra c’è il ruolo degli Stati Uniti e della Germania (per quanto riguarda l’Europa) che sono gli Stati più interventisti e che, nei primi anni, hanno sostenuto i ribelli con fondi e armi che, però, sono finiti anche tra le fazioni ribelli più fondamentaliste e questo ha rotto l’equilibrio interno e ha prodotto Isis. Dal secondo anno di guerra in poi si è venuto a creare un vuoto diplomatico che ha messo le basi, purtroppo, per la situazione presente, senza dimenticare anche il quarto attore – quello delle forze curde – che complica la situazione.
Cosa si può prevedere per il “dopo Assad”?
Sembra di giocare a Risiko: gli interessi sono talmente grossi che si ragiona solo per zone, per aree. Ecco perchè è così importante Aleppo: perchè chi controlla la città capitale, potrebbe sedersi ad eventuali negoziati successivi con il grande potere che è quello di avere in mano una grande parte del Paese. Per quanto riguarda Assad: Aleppo chiuderebbe il cerchio di una zona controllata dal regime e, anche geograficamente, potrebbe venire a crearsi uno Stato nelloStato. Per le fazioni ribelli: hanno accettato di sedersi al tavolo delle contrattazioni a Ginevra per gli accordi di pace, ma hanno rifiutato categoricamente di sedersi accanto ad Assad e questo è un segnale importante.
Oggi più che mai, quindi, il “dopo Assad” è legato al fatto che ci sia un’uscita graduale del dittatore anche se bisognerà, comunque, fare i conti con il governo attuale. Certo è che intanto il tempo passa…Siamo arrivati a cinque anni e mezzo di martirio.
Quali sono gli interessi che hanno portato alla devastazione della Siria?
Per come è organizzato oggi il mondo dal punto di vista geopolitico, la Siria è un avamposto fondamentale in Medioriente e anche per il continente africano. La Russia e la Cina da una parte, l’Europa e gli Stati Uniti dall’altra: come diceva Padre Paolo Dall’Oglio, in una delle sue ultime interviste che ho avuto l’onore di fargli, la Siria è il fulcro dove si giocano gli equilibri mondiali. Consideriamo l’importanza delle risorse naturali (gas, nucleare, etc.) per la Russia (vedi anche foreignpolicy.com): questo ci fa capire quanto la guerra in Siria sia utile per una questione di posizionamento, ma soprattutto per una questione economica. L’Occidente e la Cina sono, inoltre, strettamente legati all’Arabia Saudita per il debito estero e la loro politica in Siria potrebbe compromettere anche la situazione interna dei due Paesi: gli Stati Uniti, ad esempio, tergiversano nell’andare contro la Russia perchè sono in corso le elezioni presidenziali e questo contribuisce molto nelle decisioni da prendere.
Facciamo una riflessione e mandiamo un pensiero alla società civile siriana…
Ci sono vari gradi di impotenza per chi è sensibile al tema: più hai seguito le storie, più sei vicino ai profughi siriani e più prevale una sensazione di rabbia e di dolore.
Non c’è la volontà di portare la pace a queste persone che vivono, da anni e anni, sotto i bombardamenti e il livello del dramma è arrivato al punto di massima sopportazione se si è arrivati a far diventare delle foto icone di una guerra, foto che poi vengono semidimenticate.
Concretamente cosa cambia? La società italiana e occidentale, sensibilizzata, può solo continuare a denunciare ma lo fa cosciente del fatto che l’ONU non ha un peso politico tale da porre fine alla guerra. Le manifestazioni di massa hanno avuto un po’ di concretezza ai tempi del conflitto in Iraq, ma non hanno portato a cambiamenti. Infine, dobbiamo operare di più e meglio sull’accoglienza, anche se la comunità europea non sta attuando ciò che ha scritto nei trattati internazionali e questo è un ulteriore segno che manchino una strada comune politica, un’unione di intenti – anche a livello di valori – per risolvere la situazione siriana.