Chiuso il Buenos Aires Herald
di Monica Macchi
Preferisci dire a papy e mamy di vendere la casa e le automobili
e andarvene tutti a Parigi
oppure rimanere qui a lavorare per i diritti umani e finire ammazzato?
Lettera anonima indirizzata al figlio di Robert J. Cox
Chiude i battenti Buenos Aires Herald, quotidiano in lingua inglese, primo e per molto tempo unico a denunciare il dramma dei desaparecidos e a raccogliere e rilanciare gli appelli delle madri di Plaza de Mayo che da poche migliaia di lettori passa ben presto a vendere oltre ventimila copie al giorno. Nonostante la censura imposta dal 1976 alla stampa dalla giunta Videla, il giornalista Robert J Cox, esponente della comunità britannica argentina, continua a pubblicare fino al suo arresto (da cui riesce a salvarsi solo grazie all’intervento britannico e americano svolto dall’amministrazione Carter: la sua storia è stata raccontata nel libro del 2008 “Dirty Secrets, Dirty War: The Exile of Robert J. Cox” ).
Ma quello che non ha potuto la dittatura politica l’ha fatto la dittatura del capitale: durante l’ubriacatura neo-liberista il Buenos Aires Herald è finito nelle grinfie dell’imprenditore Cristóbal López, ultra Kirchneriano, accusato di evasione fiscale per 8,6 miliardi di dollari più interessi pari al 18% del deficit pubblico argentino.
Desolatamente ironico il tweet d’addio di Taos Turner: “il Buenos Aires Herald è sopravvissuto per 140 anni, ma non è riuscito a sopravvivere a 140 caratteri”.