Luce intera

di Jorida Dervishi Mbroci
Il cielo non aveva più ombre, solo linee sottili che si aprivano come finestre luminose. Azzurra camminava piano, ma non c’era più esitazione nei suoi passi. Ogni gesto sembrava portare un riflesso nuovo, come se la sua pelle, i suoi occhi, perfino il suo respiro avessero imparato a custodire un segreto prezioso: quello di esserci ancora, e di esserci intera.
Non era soltanto la maternità a raccontarla, né solo la fatica superata. Era un insieme di battiti: la sua bambina che la teneva ancorata, le mani che l’avevano sostenuta lungo il cammino, il silenzio che si era fatto maestro, la fede che aveva trovato riparo in lei. Tutto l’universo sembrava averle restituito una forma nuova, più fragile eppure più luminosa.

Ma Azzurra sapeva che non tutte le donne ricevono la stessa possibilità. C’erano storie spezzate, corpi non ascoltati, parole mai dette, ferite che il mondo preferisce non guardare. E questo non poteva restare invisibile.Perché ciò che accade a una donna non è mai soltanto suo: appartiene anche agli sguardi che la circondano, alle mani che la toccano, alle scelte che la società compie o evita di compiere.
Azzurra non chiedeva nulla per sé. Guardava la sua bambina e sapeva che la vita le aveva consegnato un dono immenso, ma la gratitudine non cancellava la consapevolezza.Essere rinata significava anche ricordare le ferite e trasformarle in luce.
“Ogni gesto che compiamo,” pensava, “ha un peso che non si ferma in noi. Tocca altri corpi, altri destini, altri futuri.”
E mentre il vento le accarezzava il volto, Azzurra non aveva bisogno di parole solenni: la sua stessa presenza era un invito a guardare con occhi più attenti, a camminare con passi più gentili, a scegliere con coscienza. Perché la vita, quella vera, non chiede perfezione: chiede responsabilità. E in quella responsabilità, ognuno di noi – persona, società, universo – ha il potere di generare o di spegnere la luce.
E in quel silenzio pieno di luce, Azzurra sentì solo il bisogno di dire grazie.A se stessa, per aver resistito. A chi l’aveva accompagnata, senza chiedere nulla in cambio. All’universo, per averle ricordato che ogni caduta può trasformarsi in inizio. E a quella bambina che, con il suo respiro, le aveva insegnato che la vita non smette mai di rinascere.
Il cerchio era chiuso, ma non c’era fine: c’era solo un nuovo cammino, fatto di gratitudine e di luce intera.

Content creator: Boris Maretto




