Il
titolo della mostra fa riferimento al cambiamento che sta
avvenendo in particolare, grazie alle donne: in che modo le donne
in Afghanistan stanno dando il loro apporto per stabilire pace,
democrazia e libertà?
L’Afghanistan è un Paese
complicato, martoriato da 30 anni di guerra, percorso da
interessi di ogni tipo, economici, militari, geopolitici…dove i
signori della guerra, capi clan e signori della droga hanno fatto
di quel conflitto la loro cassaforte personale. Fiumi di dollari
confluiti con gli aiuti internazionali hanno molto spesso preso
strade del tutto diverse da quelle per cui erano stati stanziati.
In questo scenario si muove una
popolazione spogliata di ogni diritto e di ogni possibilità di
accedere ad un minimo di benessere.
Le donne afgane rappresentano
la parte sana di una società che subisce gli eventi. Lavorano,
crescono i figli, si scontrano spesso contro una realtà che le
vorrebbe sottomesse ed invisibili. Sono la parte sana della
società e questa loro forza produce futuro. Un futuro difficile
che non comprende parole come “democrazia e libertà”,
concetti ancora difficili per chi è abituato a tradizioni
tribali radicate nei secoli.
Che
cosa significa “legalità” in Afghanistan? E che importanza
hanno avuto le recenti elezioni per la società civile?
Anche il concetto di ”
legalità ” è del tutto irreale in uno scacchiere che
prevede interessi di ogni tipo. Un paese in guerra, dove la
trasparenza è un’illusione, si possono attivare affari di ogni
tipo e non tutti legali.
Le recenti elezioni danno
speranza di qualche possibile cambiamento. Ho visto soprattutto
le donne convinte ed eccitate per la possibilità di cambiare in
futuro il loro destino. In fila sotto la pioggia hanno atteso ore
per poter votare. Felici di quel momento insperato. Con i figli
in braccio e la sensazione di essere protagoniste di un momento
importante.
Come
si è avvicinato alle persone che ha ritratto e le sue fotografie
sono frutto di una scelta stilistica anche etica?
Le persone che ho ritratto sono
il frutto di conoscenza, di rapporti costruiti in tanti viaggi
con Pangea onlus… che da 12 anni ha avviato un progetto di
microcredito alle donne, dando speranza e futuro a migliaia di
famiglie che con quel piccolo prestito hanno potuto avviare
attività economiche e attraverso corsi di formazione (diritti
umani, sanità, alfabetizzazioni) avere anche la possibilità di
costruirsi una consapevolezza laddove la società maschile le
vorrebbe sottomesse.
Ho voluto raccontare la pace e
non la guerra.
L’immaginario identifica
l’Afghanistan come una terra di violenza e di miseria.
Ho preferito sfatare questo
luogo comune attraverso immagini anche estetiche.
La bellezza concorre a creare
la pace. Ho scelto un racconto nel quale s’intravedesse un
quotidiano normale, sia pure in un contesto di guerra. La gente
chiede normalità e la voglia d’inventare un futuro diverrso.
La
fotografia di Laila che alza il burqa e si scopre il viso: quello
scatto ha un valore simbolico?
La foto di Laila è
assolutamente simbolica.
Quel gesto con il quale solleva
il burqua, quel sorriso aperto e dolce…rappresenta la metafora
di una liberazione da costrizioni e retaggi atavici. Una sfida
alla vita.
Lei ha avuto un’esistenza
difficile, con tre figli da mantenere, abbandonata dal marito.
Dieci anni fa viveva in una
stamberga fatta di macerie. Entrata nel programma di microcredito
di Pangea, ha costruito giorno per giorno un futuro allora
insperato.
Oggi
è una dirigente del progetto e forma altre donne, i suoi figli
studiano, ha finalmente una casa con un piccolo giardino dove ha
piantato le rose.
Laila
è la dimostrazione tangibile di come si può rinascere anche
dalle situazioni più disperate.
Dato
che da anni segue il lavoro di Pangea, può parlarci anche del
progetto “Casa Pangea” rivolto ai bambini?
CASA PANGEA è un progetto più
recente e coinvolge tanti bambini ai quali si danno la
possibilità di una crescita meno complicata. Hanno maestre che
li seguono nell’alfabetizzazione, hanno un pasto caldo, giocano e
si regala loro un’opportunità di vivere al meglio la loro
infanzia.
In Afghanistan esistono
migliaia di bambini che vagano nelle strade, tra mille pericoli,
senza che nessuno li accolga e
senza nessun affetto. La violenza è la regola quotidiana.