“America latina. Diritti negati”. Una diga di violenza: il piano che ha ucciso Berta Cáceres

di Cecilia Grillo
È stata uccisa perché difendeva la vita, i nostri beni comuni e quelli della natura, che sono sacri. È stata uccisa per aver difeso i fiumi, che sono fonte di vita, forza ancestrale e spiritualità: queste le parole di Salvador Zúñiga Edgardo Cáceres, figlio di Berta Cáceres, attivista ambientale internazionale e vincitrice del Goldman Environmental Prize del 2015, uccisa il 3 marzo 2016 mentre lottava per la giustizia ambientale.
In un paese con crescenti disuguaglianze socioeconomiche e violazioni dei diritti umani, Berta Cáceres ha supportato gli indigeni Lenca dell’Honduras esercitando pressioni sul più grande costruttore di dighe a livello mondiale affinché sospendesse la costruzione della diga di Agua Zarca.
La diga è stata costruita dalla società elettrica Desarrollos Energéticos S.A. (Desa), inizialmente in collaborazione con la società cinese Sinohydro, su commissione del governo honduregno. Tra i finanziatori figuravano la banca olandese di sviluppo FMO, la sua controparte finlandese FinnFund e la Central American Bank of Economic Integration (Cabei).
Cáceres, ambientalista indigena honduregna, co-fondatrice del Consiglio delle organizzazioni popolari ed indigene dell’Honduras (Copinh), è stata uccisa a tarda notte il 2 marzo 2016 – due giorni prima del suo 45° compleanno – dopo una lunga battaglia per fermare la costruzione, sul fiume Gualcarque, fiume considerato sacro dalle popolazioni indigene Lenca, della diga idroelettrica che minacciava le terre e le risorse idriche tradizionali delle comunità indigene locali.
Gli indigeni Lenca di Rio Blanco, una piccola comunità in Honduras, combattevano contro la costruzione della diga di Agua Zarca dal 2006: temevano infatti che avrebbe causato il prosciugamento del Gualcarque, lasciandoli senza accesso all’acqua e alla irrigazione, la diga avrebbe devastato l’ecosistema della zona, compromettendo la sopravvivenza della comunità, circa 60 famiglie che vivono nella foresta pluviale e dipendono dal fiume per l’approvvigionamento d’acqua.
È stata contestata l’autorizzazione del progetto alla costruzione della diga in quanto contrastante con la Convenzione delle Nazioni Unite sull’autodeterminazione dei popoli indigeni e, nello specifico, la violazione del diritto alla consultazione previa e informata circa qualsiasi progetto antropico che possa violare i diritti ancestrali sulla terra di tali popolazioni: la diga infatti era stata costruita su terra indigena e la popolazione locale avrebbe dovuto essere informata ed esprimere il proprio consenso.
Prima del suo assassinio, Cáceres è stata vittima di una campagna di minacce, intimidazioni, criminalizzazione e atti di violenza fisica da parte di membri della polizia honduregna, nonché di guardie di sicurezza private e dipendenti della società Desa, a causa del suo ruolo attivo nella resistenza alla costruzione del progetto idroelettrico sul fiume Gualcarque.
Due sono gli azionisti principali della società Desarrollos Energeticos SA (Desa): Potencia y Energia de Mesoamerica, la società privata che ha supportato la costruzione della diga di Agua Zarca, una società registrata a Panama il cui presidente – l’ex ufficiale dell’intelligence militare Roberto Castillo – è altresì presidente di Desa. L’altro, Inversiones Las Jacaranda, di proprietà della potente famiglia Atala Zablah, anch’essa facente parte del consiglio di amministrazione di Desa.
L’omicidio di Berta ha scatenato l’indignazione internazionale – a seguito anche delle campagne di intimidazione condotte contro le comunità che si erano opposte alla costruzione della diga – e pressione sui sostenitori internazionali affinché si ritirassero dal progetto.
Inoltre anche Copinh ha richiesto a lungo che gli investitori internazionali si ritirassero dalla costruzione della diga e riparassero le violazioni dei diritti umani commesse legate al progetto.
Dopo 45 mesi dall’assassinio della leader indigena, il 30 novembre 2018, la Corte penale nazionale dell’Honduras ha stabilito che l’omicidio era stato ordinato dai dirigenti della compagnia Desa, a causa di ritardi e perdite finanziarie legate alle proteste guidate da Cáceres e condannato per omicidio sette uomini.
Quattro sicari pagati – Henry Javier Hernández, Edilson Duarte Meza, Elvin Rapalo e Óscar Torres – sono stati condannati a 34 anni per l’omicidio della leader indigena, insieme a 16 anni e quattro mesi per il tentato omicidio di Gustavo Castro, un attivista co-fondatore del Cophin che aveva lottato insieme alla Cáceres per la sospensione del progetto idroelettrico.
Sergio Ramón Rodríguez, responsabile delle comunità locali e dell’ambiente di Desa, e Douglas Geovanny Bustillo, ex capo della sicurezza di Desa ed ex tenente dell’esercito addestrato negli Stati Uniti, sono stati condannati a 30 anni e sei mesi per aver preso parte alla commissione dell’omicidio.
Mariano Díaz Chávez, facente parte delle forze speciali e addestrato negli Stati Uniti è stato dichiarato colpevole e condannato a 30 anni di pena detentiva. Nel processo di cinque settimane, le conversazioni intercettate suggerivano che Díaz avesse partecipato a missioni di ricognizione con Bustillo e nel febbraio 2015 avesse fornito supporto logistico alla commissione dell’omicidio.
Di fronte al Tribunale di Tegucigalpa in cui è stata letta la sentenza di condanna si è raccolto il Copinh, ricordando che l’impunità non finisce con una sentenza, devono essere condannati anche gli Atala, una delle famiglie più potenti del Paese, azionisti della società Desa.
Fuori dal tribunale, la famiglia di Berta e il Copinh, hanno definito le pene detentive “le prime crepe nel muro dell’impunità”. Ma la figlia di Berta, Bertha Zúñiga Cáceres, ha aggiunto: “La vera giustizia richiede che le menti che hanno cospirato, dato gli ordini e finanziato l’assassinio di mia madre siano assicurate alla giustizia. I pubblici ministeri devono smettere di inventare scuse per non utilizzare le prove in loro possesso”.
Durante la loro lotta per la giustizia, i membri del Copinh e della famiglia di Berta sono stati minacciati, sottoposti a tentativi di omicidio, calunniati dai media nazionali e internazionali ed esclusi dai procedimenti giudiziari, continuano però a lottare contro l’impunità, contro i tentativi di cancellazione e distorsione delle prove da parte dello stato e allo stesso tempo a costruire una resistenza anticoloniale e anticapitalista in Honduras.
L’omicidio di Cáceres ha scatenato una condanna diffusa, ma non è riuscito a fermare lo spargimento di sangue: almeno 24 attivisti ambientali sono stati assassinati da marzo 2015 e l’Honduras rimane uno dei paesi più pericolosi al mondo. Nel frattempo, il partito nazionale resta al potere nonostante le accuse di frode elettorale, finanziamento di campagne illegali e collegamenti al traffico di droga.