La porta del silenzio

di Jorida Dervishi Mbroci
Non so nemmeno bene come ci sono arrivata. Non l’avevo cercata, quella porta. Non stavo andando da nessuna parte in particolare. Camminavo solo, come si fa quando hai bisogno di pensare ma non vuoi farlo davvero.
La strada era vuota, sterrata, col cielo basso e il sole che non sapeva bene se uscire o nascondersi. Poi l’ho vista.Una porta.Semplice, chiusa. Senza scritte, senza suoni. Solo una porta incastrata in un muro che sembrava dimenticato dal mondo.
Ho rallentato, senza accorgermene. Non so perché mi abbia colpito. Forse perché era lì, senza chiedere niente. Come se sapesse che qualcuno, prima o poi, sarebbe arrivato.
Mi sono fermata davanti. Il silenzio era totale. Ma non faceva paura. Era quel tipo di silenzio che ti fa abbassare le spalle, come se ti dicesse: “non serve dire nulla adesso”.
L’ho toccata. Fredda. Legno liscio, consumato. Si è aperta da sola, con un suono leggero, quasi gentile.E allora ho capito che dovevo entrare.

Dentro non c’era niente. Nessuna finestra, nessuna lampada, nessuna sedia. Solo spazio. Aria ferma. Pareti spoglie. Una luce strana, né calda né fredda. Ma lì, in quel vuoto, mi sono sentita… piena. O forse solo presente.
Mi sono seduta per terra. E per un attimo ho pensato: “Cosa ci faccio qui?”Ma la domanda si è spenta da sola. Come se dentro quella stanza le domande perdessero fretta, e le risposte smettessero di urlare.
All’inizio ho sentito il mio respiro. Poi il cuore. Poi quel rumore che fa la testa quando finalmente si zittisce. Non era un momento speciale. Era solo vero. Semplice.Come quando qualcuno ti guarda negli occhi senza dire nulla e tu ti senti visto lo stesso.
Mi sono venuti in mente dei ricordi.Alcuni belli, che non ricordavo da tempo. Altri duri, ma ormai smussati dal tempo.La voce di mia madre che mi chiamava dalla cucina. Una serata in cui ho riso fino a piangere. Una bugia detta per paura. Un abbraccio mancato. Una corsa al treno fatta piangendo.Tutto era lì.Ma non mi travolgeva.Lo guardavo. Lo lasciavo stare.E nel silenzio… mi sentivo intera.
Poi una frase mi è arrivata dentro, come se qualcuno me la sussurrasse vicino all’orecchio:
“Chi sei, se togli tutto quello che cerchi di sembrare?”
Non avevo la risposta. Ma per la prima volta non mi dava fastidio non averla.
Sono rimasta lì ancora un po’. Forse dieci minuti, forse un’ora. Non so.Quando mi sono alzata, ero diversa.Più vuota, ma anche più vera.Come dopo un pianto necessario.Come dopo una lunga camminata da sola.
Sono uscita senza dire niente. La porta si è richiusa dietro di me, ma non del tutto.Dentro me, qualcosa era rimasto aperto.
E mentre tornavo indietro, mi sono detta una cosa semplice, forse banale, ma limpida:
“Ci sono silenzi che sanno parlare meglio di mille voci.”
E oggi lo so: ogni tanto, abbiamo bisogno di entrare lì. Di sederci. Di stare.Senza dover spiegare niente a nessuno. Nemmeno a noi stessi.
Content creator: Boris Maretto




