“LibriLiberi”. Chiedi perdono
di Alessandra Montesanto
Molti lo avranno letto, un romanzo pubblicato prima da Adelphi (e per me è garanzia di qualità) e poi da Mondadori, negli Oscar, proprio per il successo ottenuto: si tratta di “Chiedi perdono” di Ann-Marie MacDonald, autrice/attrice anche di pièce che ambienta la storia nella Nuova Scozia, sull’isola brulla e algida di Cape Breton, di fronte al Canada, terra di origine della stessa scrittrice.
Sul finire dell’Ottocento, un giovane bianco (James, l’ “enclese”, l’inglese) e una bambina nera (Materia, libanese) vivono una passione proibita e fugace che avrà terribili conseguenze per le generazioni future, in particolare per le tre figlie – Kathleeen, Mercedes, Frances – e per una nipote, Lily.
Una trama complessa che accompagna il lettore nella foschia dell’animo umano, in cui ogni personaggio avrà, per colpa diretta o suo malgrado, qualcosa da farsi perdonare; molte le voci delle figure femminili, spesso sacrificali per salvare un mondo alla deriva, intriso di vanità, valori distorti, di ingiustizie gratuite; una realtà poco distante dai nostri tempi dove la banalità del Male cresce giorno dopo giorno fino a diventare, in alcuni casi, estrema e dove l’humus da cui nasce l’odio è quello del razzismo, della guerra, del narcisismo, ieri come oggi, appunto. E allora, nel racconto, si susseguono incesti, morti, suicidi e può sembrare troppo. Ma la struttura e lo stile narrativo – che fanno parlare i protagonisti così come chi scrive, con l’aggiunta di parti in esergo che rimandano ad altri testi poetici e non solo – preparano un percorso spirituale grazie all’identificazione e alla proiezione – come al Cinema, come a Teatro – che tiene legati alla lettura, coinvolgendo la mente e le emozioni, anche di fronte alle situazioni descritte più abiette.
Le parti del romanzo sono divise in “libri” come se si trattasse di una Bibbia laica e contemporanea, di un Vecchio testamento dove, dicevamo, le colpe sono punite con la stessa crudeltà del contappasso, ma dove al termine – e punteggiato da celati segnali tutti da cogliere – si fa strada la luce di una metànoia, individuale e collettiva.
Vi è chi accorda il perdono agli altri e chi, per prima cosa, farà di tutto per guarire se stesso.
“A Lily i veterani non fanno ribrezzo. Le dispiace per loro, hanno subìto delle ferite orribili, ma la pietà è un balsamo velenoso. Lily ha vissuto in prima persona la pietà, ma non sapeva come definirla, sapeva soltanto che le metteva una paura tremenda. Era come scomparire e diventare un fantasma. Avendo vissuto la propria sparizione, sa benissimo quant’è importante per le persone essere viste, perciò con gli occhi non si limita a guardarle – neanche quelle cieche –, ma le cerca, casomai si fossero perse e avessero bisogno di essere ritrovate”.